Blink 182: “saremmo rimasti divisi piuttosto che fare un album di merda” – Intervista a Mark Hoppus

I Blink 182 hanno confessato che avrebbero preferito rimanere divisi piuttosto che produrre un disco di cui non essere fieri.

La band ha pubblicato il nuovo album Neighborhoods questo lunedì (26 settembre), il primo dopo la loro scissione nel 2005. Mark Hoppus ha parlato dei sentimenti della band quando si sono riformati: “La cosa assolutamente certa per me era che se tornavamo insieme e scrivevano un altro disco, dovevamo fare qualcosa di grandioso. Non volevo che scrivessimo un altro album e che fosse sciatto. Avrei preferito rimanere divisi piuttosto che riunirsi e produrre un album di merda.

Mark Hoppus ha fatto una chiacchierata con NME Magazine sul nuovo album; riportiamo l’intervista in versione integrale tradotta in italiano.

Ciao, Mark. Tu e il resto dei Blink avete registrato un nuovo album, “Neighborhoods“, in studi separati. Dobbiamo supporre quindi che i rapporti siano ancora un po’ difficili?
“Oh no! Quello che volevamo fare era scambiarci le idee, registrare delle bozze, lo scheletro delle canzoni, e poi Tom avrebbe preso delle idee nel suo studio di San Diego e io e Travis avremmo preso delle idee nel nostro studio di Los Angeles e avremmo lavorato su di esse, poi ci saremmo incontrati, o a fine settimana o nel giro di un paio di settimane. Poi avremmo ascoltato le nostre varie idee, le avremmo commentate e saremmo partiti da lì.”

Ma non è stato un po’…strano?
“Questa è la tensione di cui abbiamo bisogno nei Blink. Penso che sia la soluzione per noi. È un modo per riuscire a lavorare tutti insieme e esplorare tutte le nostre idee. In passato, quando eravamo tutti nella stessa stanza, uno registrava i suoi pezzi mentre gli altri erano seduti ad aspettare, mentre questo modo mette in grado ciascuno di noi di esplorare ogni singola idea che ci viene, con i nostri tempi, nello spazio in cui ci sentiamo a nostro agio. Uno di noi avrà un’idea e poi un altro suggerirà qualcosa di diverso e vorremo cambiarlo. La tensione è quello che rende il sound dei Blink quello che è.”

La rottura della band è stata piuttosto piena di risentimento rispetto agli standard. Hai qualche rimpianto su quello che è successo?
“Penso che fosse davvero necessario che accadesse. È accaduto in un modo brutto e veramente amaro, con molta ostilità, c’era molto malessere. Ma dovevamo arrivare qui passando da questo disastro. Penso che tutti abbiamo imparato qualcosa sui Blink, tutti abbiamo imparato qualcosa su noi stessi e sugli altri e abbiamo davvero capito chi siamo come band.”

Tutto questo suona molto filosofico. Allora, come sono i tuoi rapporti con Tom ora?
“È molto diverso ora. Io e Tom siamo ancora grandi amici, ma quando abbiamo iniziato eravamo solo ragazzini che andavano in tour in un van e con il peculiare obiettivo di voler suonare musica più forte e veloce che potevamo. Adesso siamo uomini adulti con delle famiglie. Amiamo ancora andare in tour e suonare più forte e veloce che possiamo, certo, ma lo facciamo in un posto diverso rispetto a prima, non siamo più bloccati in un van insieme per 24 ore al giorno, possiamo prenderci delle pause e vedere le nostre famiglie e poi partire e fare gli stupidi.”

Fate ancora scherzi adesso che avete quasi 40 anni?
“Ci sono persone che ci dicono che secondo loro alcune canzoni sembrano più mature, il ché probabilmente è una cosa vera, ma abbiamo cercato di tenere le distanze da quella parola [maturi], perché ogni album che abbiamo pubblicato dopo “Enema of the State” è stato chiamato “l’album maturo dei Blink”. Ma penso che, nei testi, sia un po’ più oscuro della roba che facciamo di solito, penso che le canzoni siano strutturate in modo più intricato, penso che le parti siano scritte meglio.”

Avete mai pensato di essere una di quelle band che non ha pubblicato nuova musica ma che va sempre in tour per soldi?
“No, mai. È proprio questo il motivo per cui abbiamo posticipato il tour. Non potevamo andare in tour e suonare solo le vecchie canzoni. Volevamo rimanere vitali e volevamo rimanere attuali. Non vorremmo mai essere una di quelle band che va solo in tour e suona vecchia roba. Per me e per gli altri ragazzi nella band non sarebbe eccitante, e non lo sarebbero nemmeno i concerti. Credimi, quando stavamo parlando di posticipare il tour, la gente ci spingeva a partire “Suonate la vecchia roba, alla gente non importerà”, ma non abbiamo ceduto e abbiamo detto che volevamo il meglio per noi e il meglio per le persone che vengono ai concerti.”

Qual’è stata la cosa che ti è mancata di più negli anni senza la band?
“Penso che mi sia mancato di più ciò che Travis e Tom portano ai Blink-182, mi è mancata la tensione tra noi tre, la creatività che nasce dal fatto che ciascuno di noi porta cose differenti all’interno della band e che siamo tutti così diversi l’uno dall’altro. E ogni volta che scrivo una canzone al di fuori dei Blink, penso sempre “Quì Tom come suonerebbe la chitarra?” e non riesco mai a prevedere cosa farà. Quindi è quello scambio di idee quello che mi è mancato di più.

Cosa si prova a leggere che avete avuto un’influenza enorme su una nuova generazione di band?
“È un grandissimo onore. Quando la gente dice che abbiamo influenzato una band in qualche mondo, è grandioso. Mi sento ancora come se stessimo cercando il nostro sound, quindi se ispiriamo altre band a fare qualcosa, allora questo è un complimento enorme.”

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Tutti i testi e le traduzioni dei Blink 182 Testi e traduzioni di “Neighborhoods”