Luca Fivizzani, nato il 19 Novembre a Monza, è un artista emergente che la sa’ lunga, infatti il 6 ottobre scorso è uscito il suo primo e speriamo non ultimo album: Superstiti, un disco di 5 brani prodotto da Matteo Giannetti per l’etichetta Kaleido, in collaborazione con Alessandro Rosato, Francesco Cherubini, Leonardo Volo e Lele Fontana.
Allora Luca, quando hai cominciato ad interessarti alla musica?
Avrò avuto 10 anni, ricordo di aver chiesto ai miei genitori di comprarmi delle cassette di musica classica. Era un po’ inconsueto per un bambino di quell’età lo so, però ero rimasto incantato dalla nona di Beethoven… Successivamente verso i 12-13 anni ho cominciato ad interessarmi ai dischi che giravano in casa.
Zenyatta Mondatta dei Police, è stato il primo disco che è entrato nelle mie orecchie, oltre che Tapestry di Carole King e molti artisti rhythm & blues, in particolar modo Wilson Pickett, Sam Cooke, Stevie Wonder e Otis Redding.
Chi ti ha spinto ad intraprendere questo percorso artistico?
Penso Kurt Cobain! All’età di 14 anni, vista la mia propensione per la musica i miei genitori mi regalarono una chitarra e come tutti gli adolescenti testardi mi misi in testa di impararla a suonare da solo, perché mi dicevo che come Kurt sarei stato un autodidatta.
A parte tutto, realmente i Nirvana, ricalcando l’attitudine tipica del punk rappresentavano la prospettiva per giovani e ribelli musicisti di potersi avvicinare alla creazione musicale senza dover incappare per forza in studi accademici. Chiaramente senza minimamente paragonarsi al genio compositivo di Cobain!
Qual’è stato il tuo percorso musicale?
Il mio è stato un percorso un po’ particolare, ho cominciato a scrivere canzoni immediatamente, ovviamente con risultati terribili, ed ho iniziato a cantare quasi per caso o meglio per necessità quando nella mia prima band non riuscendo a trovare un cantante mi sono proposto come tale. Da lì oltre a formare altre band poi tutte sciolte ho iniziato a lavorare come solista con vari produttori nel corso degli anni e a fare interessanti collaborazioni.
Fino ad arrivare a conoscere Matteo Giannetti che ha prodotto questo disco.
E l’artista che ti ha più influenzato?
Questa è una delle domande più difficili per me, non è uno solo ma sono proprio tanti e quindi ti farò giusto qualche nome per capire.
Elvis Costello, David Bowie, Sting e i Police, i Pretenders e quindi di conseguenza Chrissie Hynde, Ray Charles, Radiohead e in Italia senz’altro Ivan Graziani e Lucio Battisti.
E cos’è la musica per te?
Essenziamente tutto, la cura a molti miei mali, la compagna di un vita.
Una domanda un po’ personale. Canti mai sotto la doccia? e nel caso hai una canzone in particolare?
Certo, come tutti! Ma niente in particolar modo, di norma mi torna in mente qualcosa senza una connessione logica.
Come ti senti prima di un live?
Pronto a tutto… A parte gli scherzi, è un circolo che si chiude, la fase finale di un lavoro che è iniziato nel mio salotto con la chitarra e una penna in mano per scrivere e finisce, passando per la registrazione di un disco e la sua promozione, su un palco dove tutto ciò che ho fatto riesce ad avere un senso.
Una bella sensazione insomma.
Mantenere un proprio stile e identità, quanto è importante per un musicista?
Dovrebbe essere fondamentale, per quanto difficile sia, ma uso il condizionale proprio perché non si tratta di una cosa così immediata. Parliamoci chiaramente scimmiottare è sempre esistito, ci sono sempre stati i gruppi fotocopia o gli artisti che imitano tizio e caio. Solo che sinceramente oggi questa condizione sta raggiungendo delle dimensioni inaccettabili e me ne rendo sempre più conto osservando i vari talent che hanno monopolizzato il mercato musicale contemporaneo. Vedo tante fotocopie, dal modo di cantare a quello di gesticolare sul palco.
Sono convinto che i grandi artisti abbiano fatto la differenza trovando una loro dimensione, spesso inizialmente incompresi ma non preoccupandosi certo del trend del momento.
Ci sono degli artisti con cui vorresti collaborare?
A parte i Coldplay dici? A parte gli scherzi nel panorama italiano apprezzo molti artisti, se dovessi scegliere forse mi alletterebbe l’idea di collaborare artisti del calibro di Manuel Agnelli, Paolo Benvegnù, Andrea Chimenti e soprattutto Morgan.
Tra esperienze e partecipazioni, quali ricordi con maggiore soddisfazione?
Ce ne sono un paio, una è stata la registrazione di questo disco.
Lavorare con Matteo è stata un’esperienza grandiosa, oltre ad essere umanamente una persona fantastica è soprattutto un musicista incredibile, dotato di un gusto musicale pazzesco.
Un produttore capace di tirar fuori la naturale attitudine di un artista senza tante forzature.
E credimi che si tratta di una caratteristica difficile di questi tempi, come accennavo prima.
L’altra esperienza che ricordo con piacere è stata quella di co-scrivere “Baciami” il singolo degli Anhima uscito all’inizio dell’anno.
Daniele Tarchiani è un artista incredibile da cui non si smette mai di imparare!
Quali sono i lati positivi nell’essere un cantante o musicista? E quelli negativi?
Il lato positivo è sempre quello di poter fare ciò che ami di più al mondo, quello negativo neanche a dirlo è la difficoltà economica e soprattutto di interesse che affronta oggi il mondo della musica.
Prima o poi qualcosa cambierà? Speriamo.
Il 6 ottobre scorso è uscito il tuo primo singolo, a chi è rivolto? lo dedichi a qualcuno?
Superstiti è una canzone d’amore, fondamentalmente nasce così, l’avevo scritta dedicandola ad una persona che ha fatto parte della mia vita per un breve periodo, ma che mi ha spinto a riflettere su tanti valori che oggi spesso ci dimentichiamo.
La canzone riesce quindi ad avere una duplicità di valore ed il concetto di “essere superstite” si estende fino a toccare i margini del sociale. La difficoltà comunicativa che è una peculiarità dei nostri tempi è quella che ci porta a cercare di sopravvivere all’interno di un contesto dove l’indifferenza fa da padrona.
Tutto il disco poi ha questo filo conduttore, legato ai problemi comunicativi, in amore ma non solo.
Con Matteo abbiamo scelto i brani facendo ascolti su più di 30 canzoni, proprio per dare una coerenza sia in termini di testo che di approccio musicale.
Puoi dirci in anteprima quale sarà il prossimo singolo estrapolato dell’album, o ci terrai sulle spine?
In realtà non abbiamo ancora deciso in maniera definitiva, abbiamo un’idea sicuramente di quali non diventeranno singoli. Però voglio lasciarvi ancora sulle spine, sì.
Il videoclip del singolo, dove è stato girato? E cosa ricordi in particolar modo delle riprese?
Abbiamo girato il video a Mirteto, un paese fantasma in provincia di Pisa.
Con Leonardo Venturini, il regista del clip, abbiamo ritenuto che quella fosse la location più adatta per la storia che volevamo raccontare, non avevamo considerato però l’immensa fatica per salire in cima alla montagna e raggiungere il luogo…
La parte più divertente è stata salire sulla Delorean, era una situazione così surreale, sembrava di essere veramente dentro Ritorno al futuro!
Hai già programmato date dei live?
Sul fronte dei live stiamo ancora definendo un po’ tutto, anche se non manca molto alla partenza delle date.
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Vorrei ricordare ai cari lettori che il disco è reperibile su iTunes, Amazon, Google play e tutti i principali digital store.
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